Ilaria Amadasi – matr. 138909 – Lezione del 22/11/01 – ora 14:30-16:30

I GAS PERFETTI

Introduzione

Per lo studio e la comprensione dei gas perfetti è necessario illustrare alcuni concetti non solo della fisica, ma anche della chimica.

 

L’atomo è la più piccola porzione di materia che può definire un elemento e che ne possiede le proprietà chimiche. La parola "atomo", che deriva dal greco átomos, "indivisibile", veniva usata dagli antichi filosofi per definire le entità elementari, indistruttibili e indivisibili, che costituivano la materia. L'atomo era considerato la più piccola porzione di materia che potesse essere concepita, e quest’idea prevalse fino a quando la natura dell'atomo divenne uno degli argomenti principali della ricerca scientifica sperimentale.

Nei secoli XVI e XVII i risultati ottenuti nell'ambito della chimica diedero un notevole impulso allo sviluppo della teoria atomica. I primi esperimenti misero in evidenza che le sostanze potevano essere suddivise nei loro componenti ultimi, o in "corpi semplici", e che questi potevano combinarsi in modo intimo per formare nuovi composti con proprietà del tutto diverse. In altre parole cominciò a delinearsi il concetto di elemento chimico. L’atomo è composto da un nucleo e da un numero

variabile di particelle.

 

 

 

Il nucleo, costituito dai protoni e dai neutroni, è la parte centrale dell'atomo, l'intelaiatura della grande varietà di strutture molecolari, ed in esso è concentrata la sorgente della forza elettrica.

Il nucleo, pur essendo circa un centinaio di migliaia di volte più piccolo di tutto l'atomo, ne costituisce quasi tutta la massa, il che significa che la materia al suo interno deve necessariamente essere estremamente densa, rispetto ai tipi di materia che noi conosciamo. Per fare un esempio, se il nostro corpo fosse costituito di materia densa come quella del nucleo atomico, non occuperebbe più spazio della capocchia di uno spillo!


 

I "nucleoni", come viene chiamato l'insieme di protoni e neutroni, si muovono ad altissima velocità, scorrendo nel nucleo a circa 60.000km al secondo.


 

Attorno al nucleo ruotano, su orbite ellittiche a vari livelli, gli elettroni, dotati di carica negativa. La carica del nucleo, espressa assumendo come unitario il valore assoluto della carica dell'elettrone, prende il nome di "numero atomico", convenzionalmente indicato con A. In un atomo con numero atomico A, il nucleo ha una carica elettrica positiva N, ed in condizioni normali, cioè atomo elettricamente neutro ed in equilibrio, attorno al nucleo ruotano Z elettroni, eguali fra loro, dotati di carica elettrica negativa totale Z-.

La relazione dell’atomo sarà dunque:

 

 

Se l'atomo viene alterato nel suo equilibrio di cariche elettriche positive e negative N = Z, come quando viene ionizzato, ossia se si trova in un campo elettrico di energia tale da vincere le sue forze di coesione interne, l'atomo viene privato di due o più elettroni.

 



Questi elettroni persi dall'atomo si chiamano "elettroni liberi" e sono responsabili di diverse cose, fra le quali, della corrente elettrica.

In un nucleo, il numero di protoni è sempre eguale (o minore, mai maggiore) a quello dei neutroni. Ad esempio, il nucleo dell'atomo di carbonio è composto da 6 protoni e 6 o 7 neutroni; quello del ferro da 26 protoni e 28,30,31 o 32 neutroni; quello del piombo da 82 protoni e 122,124,125 o 126 neutroni; quello dello stagno da 50 protoni e da 62 a 74 neutroni, e così via per tutti gli elementi chimici.
Quando un atomo di uno stesso elemento ha un nucleo con lo stesso numero di protoni, ma un differente numero di neutroni, si chiama "
isotopo" di quell'elemento.
Gli atomi degli isotopi hanno massa diversa di quella dell'atomo dell'elemento, ma eguali caratteristiche chimiche. La maggior parte degli elementi ha isotopi stabili e radioattivi a partire dal numero atomico 84, ossia il polonio.

Pur essendo tutti di numero (+) stanno dentro al nucleo’ non si respingono né si disperdono poichè nell'interno dell'atomo esiste una "forza nucleare" che si oppone alla disgregazione del nucleo. Questa forza, che ha un campo di azione di soli 10-13 cm, si sviluppa solo fra le particelle del nucleo, o nucleoni, quindi fra protoni e protoni, fra neutroni e neutroni, e fra protoni e neutroni.

L'elettrone è la particella elementare indivisibile dotata di massa e rappresenta il componente fondamentale della materia extranucleare, ossia della materia contenuta nell'atomo al di fuori del nucleo.
L'elettrone è la più piccola particella oggi nota con una massa minore di ben 1836,1 volte quella del protone (0,000544632 u.m.a.). La carica elettrica è eguale a quella del protone, quindi pari a 1,60210·10-19C, ma di segno opposto, quindi negativa.
Gli elettroni ruotano attorno al nucleo dell'atomo, ad una distanza di circa 10-6 cm, con velocità che possono raggiungere i 3000km al secondo (10.800.000km/h), e senza essere soggetti alla forza di gravità, ma solo a forze di natura elettrica.

L'elettrone, oltre  ad essere dotato di carica elettrica e di massa, presenta altre due caratteristiche importanti, lo "spin" ed il "momento magnetico".
Lo spin è il moto di rotazione su se stesso che l'elettrone presenta mentre percorre la sua orbita. Il momento magnetico è dato dal
campo magnetico prodotto dagli elettroni; quindi fra elettroni e nucleo, oltre all'interazione di tipo elettrostatico (repulsione fra cariche negative e positive) esiste anche un'interazione di tipo magnetico.

Le orbite degli elettroni si possono suddividere in diversi "strati", uno esterno all'altro, ed ogni strato contiene al massimo 8 elettroni.
Il primo strato può contenere al massimo 2 elettroni, il secondo 8 e l'ultimo ancora 8: quindi se un atomo ha soltanto 2 elettroni, ha anche 1 solo strato. Va notato che la composizione dell'ultimo strato di elettroni gioca un ruolo importante nel comportamento dell'atomo. Infatti, se l'ultimo strato è completo, l'atomo è stabile e non si unisce con nessun altro atomo, mentre, se non è completo, è instabile e cerca di unirsi con altri atomi per raggiungere il completamento del suo ultimo stadio, mediante forze di natura elettrica, condividendo alcuni elettroni con altri atomi; il numero di questi elettroni si chiama "valenza".

Lo spostamento degli elettroni da un'orbita all'altra provoca l'emissione di radiazioni (ottiche, raggi X, ecc..). In condizioni normali l'elettrone si trova sempre nell'orbita più bassa, ma se riceve la quantità di energia necessaria può "saltare" in un'orbita più alta, per poi ritornare, dopo un breve istante, nell'orbita fondamentale, restituendo l'energia eccedente sotto forma di una radiazione elettromagnetica) o di un fotone.

La natura degli elementi fu precisata dal punto di vista scientifico e quantitativo dal chimico britannico John Dalton, oggi considerato il padre della moderna teoria atomica. Partendo dall'osservazione che gli elementi si combinano per formare i diversi composti secondo rapporti in peso ben definiti, egli sviluppò il concetto moderno di atomo come particella di dimensioni e peso caratteristici per ciascun elemento. In un secondo tempo si comprese che le reazioni chimiche che avvengono tra elementi danno luogo alla formazione di molecole, cioè di aggregati di più atomi di composizione definita e costante. Ogni molecola d'acqua, ad esempio, è composta da un atomo d'ossigeno e da due atomi di idrogeno legati da forze di natura elettrostatica, come è indicato dalla formula chimica H2O.

 

           atomo di uranio

 

L’unione avviene attraverso la formazione di coppie di ioni positivo-negativo (legame elettrostatico) o attraverso la messa in comune di coppie di ioni di elettroni più esterni, che si dispongono su orbite comuni ai due nuclei interessati (legame covalente). Dalla classificazione degli elementi in ordine di peso atomico crescente si riconobbero ricorrenze periodiche nelle proprietà degli elementi stessi, oggi spiegate in termini di carica elettrica. Il primo elemento, l’idrogeno, ha l’atomo costituito da un protone e un elettrone; il secondo elemento, l’elio, ha l’atomo costituito da due protoni, due neutroni e due elettroni. L’atomo naturale più complesso è quello dell’uranio (92 protoni e 154 neutroni); sono stati però creati anche atomi più complessi.  

Le molecole vengono definite biatomiche quando sono costituite solo da due atomi, poliatomiche quando sono costituite da più di due atomi.                                                            

 


Gas perfetti

 

Nei gas la differenza con le sostanze solide o liquide è il legame tra le molecole: nei solidi si ha una distribuzione ordinata delle particelle che occupano posizioni definite nell’edificio cristallino per azione delle forze che si manifestano fra di esse, nei liquidi si ha una distribuzione disordinata, ma con forze intermolecolari ancora rilevanti, nei gas, invece, si ha una distribuzione disordinata, ma con distanze fra le molecole tali che le forze intermolecolari risultano molto ridotte rispetto al caso dei liquidi e dei solidi.

 

 

Le molecole sono unite dal legame chimico, affinchè questo si rompa occorre ENERGIA DI LEGAME che è l'energia necessaria per spezzare un legame , oppure : energia liberata dalla formazione di un legame . Si esprime in Kcal/mole; ad esempio, l'energia del legame H-H è uguale a 104 Kcal /mole.

Quando si forma una mole di H2 da due moli di atomi di H singoli , 6,02·1023 legami H-H , vengono liberate dal sistema all'ambiente 104 Kcal.

Le reazioni chimiche sono di solito accelerate da apporto di calore e, al contrario, ostacolate da una diminuzione della temperatura.
Occorre però sottolineare che la temperatura non influenza soltanto la velocità della reazione, ma riesce ad influenzare anche la reciproca affinità delle sostanze reagenti. La esotermicità o la endotermicità di una reazione chimica va ricercata nei processi che si verificano a livello molecolare durante la reazione , ed esattamente:

 

1.    Rottura dei legami chimici nelle molecole dei reagenti ;

2.    Formazione di nuovi legami chimici tra gli atomi nei prodotti di reazione.

 

Per spezzare i legami tra gli atomi dei reagenti occorre fornire energia (processo endotermico), mentre quando si formano i nuovi legami tra gli atomi che costituiscono i prodotti di reazione si libera energia (processo esotermico) .

Se l'energia per rompere i legami tra gli atomi dei reagenti è maggiore dell'energia liberata dalla formazione dei legami nei prodotti , la reazione è endotermica ; mentre se è maggiore l'energia liberata dalla formazione dei legami nei prodotti rispetto all'energia per spezzare i legami nei reagenti , la reazione è esotermica.

La reazione si definisce endotermica quando si verifica assorbimento:

 

 reazione esotermica quando il contatto di due sostanze provoca sviluppo di calore:

 

 

 

dove E è il rilascio di ENERGIA.

 

Un esempio dello sfruttamento della reazione chimica per rilasciare energia è la pila a combustione

 

 

Si ha un’entrata di O2 e H2 di conseguenza una reazione che crea

energia.

Mentre avviene la reazione si sottrae energia:

 

 

 

 

 

Se prendiamo una soluzione di acqua e sale e si collegano i due elettrodi ad un generatore si avrà il processo contrario:

 

 

La grandezza usata come unità di misura delle molecole è la MOLE. Fino a qualche tempo fa, la mole era definita come "la quantità in grammi di una determinata sostanza, pari al suo peso molecolare". In questa accezione, la mole aveva quindi il significato, ormai obsoleto, di grammomolecola. Oggi, con mole dobbiamo intendere una vera e propria unità di misura della quantità di materia. La definizione di mole è infatti quella di un numero di oggetti, che possiamo definire genericamente particelle, e di cui specificheremo la natura (molecole, atomi, ioni, elettroni, o quantaltro) se necessario, pari al numero di atomi presenti in 12 g di carbonio 12. Questo numero è pari al numero di Avogadro, definito poco sopra.

Resta ovviamente pur sempre valido il concetto che una mole di una sostanza equivale ad una quantità in grammi pari al peso molecolare della sostanza. Ed è a questo concetto che si fa riferimento nella pratica comune per "misurare" un determinato numero di moli di una data sostanza.
A questo proposito, è importante fissare la relazione fra numero di moli (n), massa in grammi (m) e massa molare (Mm, il peso molecolare di una mole di molecole espresso in grammi):

 

Il numero di atomi contenuti in una mole di un elemento è quindi un numero fisso, esso è chiamato numero di Avogadro (NA) ed è uguale a 6,022137 x 10²³ molˉ¹.

La massa in chilogrammi dell’atomo di un elemento può quindi calcolarsi dividendo il peso in Kg di una mole di atomi di quell’elemento A, per il numero di Avogadro:

 

 

Il peso molecolare di una molecola di di H2O è 18g.

Nel caso dei gas ideali la mole è un’unità di misura molto importante. In base alla legge di Avogadro una mole di un qualunque gas, contenendo sempre lo stesso numero di molecole, deve occupare sempre lo stesso volume alle stesse condizioni di temperatura e di pressione. Queste vengono chiamate variabili di stato. Esse non sono tra di loro indipendenti, ma esiste una relazione funzinale, denominata equazione di stato, che esprime la dipendenza di ciascuna di esse dalle altre due e dal numero di mole n:

 

Questa equazione prende anche il nome di equazione caratteristica e nel caso del gas perfetto ha la forma semplice:

 

In cui R è la costante del gas che cambia in funzione del gas.L’equazione caratteristica compendia le leggi di Boyle, di Gay-Lussac e di Avogadro.

 


Legge di Boyle

 

 A temperatura costante, il volume di un gas è inversamente proporzionale alla sua pressione.

 

in cui K è una costante, il cui valore dipende dalla temperatura.
La relazione esistente fra volume e pressione è rappresentata nel grafico a lato, in cui ogni curva (un'iperbole equilatera) corrisponde ad una determinata temperatura (T1<T2<T3) e prende il nome di isoterma.

 



La legge di Boyle è una legge limite. Un gas che segue rigorosamente la legge di Boyle è detto gas perfetto o gas ideale. In realtà, i gas reali si discostano dal comportamento ideale tanto più alta è la pressione e tanto più bassa è la temperatura.
La legge di Boyle consente di determinare la pressione che un gas assume al variare del volume (e viceversa), quando siano note le condizioni iniziali (Po e Vo) e rimanendo costante la temperatura. Infatti:

                      

                                                       

 

in cui P e V rappresentano i valori finali di pressione e volume.

 

L’equazione caratteristica può essere inoltre usata per la determinazione del peso molecolare di gas perfetti:

 

       per esempio: 10g H2/2g/mol = 5 mol

 

in cui n e il numero di moli, M è la massa globale  e m è la massa molecolare espressa in grammi.

Si ha dunque:

 

           Dove v è il volume specifico molare

 

Si ottiene così:

moltiplico entrambi i membri per n:

 

 

 

 

Nello stesso modo si può analizzare l'aria:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Prima legge di Gay-Lussac

 

A pressione costante i volumi occupati da una data massa gassosa (n=cost) sono direttamente proporzionali alla temperatura assoluta.

Nel diagramma per ogni valore di P si ha una retta, Ciascuna retta è chiamata isobara.

In tale trasformazione variano la temperatura (t) e il volume (v) mentre la pressione (p) si mantiene costante.

Vale in questo caso la relazione:




 Dove Vο e' uguale al volume iniziale a temperatura 0°C e V e' uguale al volume finale alla temperatura t, e l e' uguale a 1/273.

 

 
Seconda legge di Gay-Lussac

 

A volume costante la pressione esercitata da una data massa gassosa è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta.Nel diagramma si ha una retta detta isocora.

In tale trasformazione variano la temperatura (t) e la pressione (p) mentre il volume (v) si mantiene costante. Vale in questo caso la relazione:

 

 

 


Dove p* e' uguale alla pressione iniziale a temperatura 0°C e p corrisponde alla pressione finale a temperatura t, e l e' uguale a 1/273.

 

 

 



Variazione di energia interna

 

 

La variazione di energia interna ,ΔU , di un sistema in seguito a una trasformazione è uguale al calore assorbito dal sistema , q , meno il lavoro compiuto dal sistema, W

 

 

 

A "q" è dato il segno positivo se il calore fluisce verso il sistema , e segno negativo se è il sistema a cedere calore all'ambiente. Al lavoro "W" viene dato il segno positivo se il sistema compie lavoro, e viene dato segno negativo se è l'ambiente a compiere lavoro sul sistema.

Se il lavoro scambiato dal sistema è solo meccanico, e cioè del tipo P·ΔV , dalla relazione precedente otteniamo :

 

 

Se la reazione viene condotta in un recipiente chiuso , ΔV=0 ( volume costante ) , dalla precedente risulta :

 

 

Il calore svolto da una trasformazione chimica , a volume costante, si identifica con la variazione di una funzione di stato : l'energia interna:

 

 

Se un sistema durante una reazione chimica , assorbe energia dall'ambiente, la sua energia finale è più grande di quella iniziale e ΔU risulta positivo .

Se cede energia all'ambiente ΔU risulta negativo .

Dato che la maggior parte delle reazioni chimiche avviene a pressione costante , pressione atmosferica, in termodinamica è stata introdotta una grandezza chiamata entalpia, definita come:

 

 

Se consideriamo solo trasformazioni a pressione costante, nelle quali il volume, passando dai reagenti ai prodotti cambia , la variazione di entalpia diverrà :

 

 

Sapendo che :

 

e che per una trasformazione a pressione costante, in cui si verifica una variazione di di volume , il sistema compie un lavoro "P - V" corrispondente a P·ΔV, otteniamo :

 

 

se sostituiamo otteniamo :

 

 

che semplificata ci dà :

 

Questa equazione dice semplicemente che il calore di reazione misurato a pressione costante, C p , è uguale al ΔH della reazione .

In una reazione condotta a pressione costante la variazione di entalpia è data da:

 

 

Anche l'entalpia è una funzione di stato e quindi la quantità di calore scambiata (svolto o assorbito) da una reazione condotta a pressione costante è indipendente dalle eventuali reazioni o passaggi intermedi, ma dipende soltanto dallo stato iniziale (entalpia dei reagenti) e dallo stato finale (entalpia dei prodotti) .

Poiché la determinazione del calore generato da una reazione viene effettuata per mezzo di un calorimetro detto "bomba calorimetrica" in cui in un recipiente chiuso (volume costante) il calore messo in gioco da una reazione si identifica con:

 


Per le reazioni in cui sono presenti delle sostanze in fase gassosa , si può calcolare:

 

 

Applicando a ciascun gas l'equazione dei gas perfetti

 

PV = nRT

 

risulta:

 

 

Sostituendo :

 

La variazione di n si ottiene sottraendo dalla somma delle moli totali dei prodotti di reazione , la somma delle moli totali dei reagenti, tenendo conto soltanto delle moli delle sostanze allo stato gassoso.

 

Reazione esotermica a pressione costante

 

Conducendo la reazione in un cilindro munito di un pistone mobile , quando si forma una sostanza gassosa , o aumenta il numero di moli di sostanze allo stato gassoso nei prodotti di reazione , il pistone verrà spinto contro la pressione atmosferica e all'interno del sistema la pressione rimarrà costante .

 

 

Ma il gas, muovendo il pistone, compie lavoro, e l'energia necessaria proviene dall'energia totale ceduta dalla reazione .

Quindi la quantità di energia ceduta come calore di reazione a pressione costante (ΔH), è minore dell'energia ceduta dalla reazione (ΔU) , poiché una parte di questa viene utilizzata per compiere il lavoro di espansione :

 

 

 U : negativa perché ceduta dal sistema

 

ΔH : negativa perché ceduta dal sistema

 

P · DV : positivo perché fatto dal sistema

 

 

Se durante una reazione chimica esotermica un sistema si espande contro la pressione costante dell'atmosfera il ΔH della reazione risulta , in valore assoluto , leggermente inferiore al ΔU.

Se durante la reazione il sistema si contrae , contro la pressione costante dell'atmosfera , (diminuzione del numero di moli allo stato gassoso ) il ΔH di reazione risulta , in valore assoluto, leggermente superiore del ΔU. ( vedi esempi numerici ).

Se una reazione avviene senza alcuna variazione del numero di moli delle sostanze gassose , o tra sostanze in soluzione e allo stato solido ΔH = ΔU , per le specie chimiche allo stato liquido e allo stato solido entalpia ed energia interna si possono identificare , ne consegue:

 

 

Nel caso dei gas valgono le seguenti formule:

 

 

 

In cui assume differente valore a seconda del gas.

 

 

 

 

SOSTANZA

 

 

C(p)

 

C(v)

H2O

0,44

/

ARIA

1,01

0,717

H

14,2

10,1

O2

0,917

0,656

 

 

 

Se consideriamo

 

 

 

 

 

 

Lungo l’adiabatica si ha

 

 

 

e entropia uniforme sicché

 

 

Bisogna  cercare  il  valore  di s1 - s2.

 

 

 

 

 Equazione per il calcolo dell’entropia del sistema