METODI DI MISURA FLUIDODINAMICI

 

 

INTRODUZIONE

 

Gli strumenti di misura fluidodinamici si dividono in due categorie:

 

  1. integrali: misurano l’intera portata che scorre dentro un condotto.
  2. locali: misurano la velocità di un particolare filetto fluido di ridotte         dimensioni (rispetto a quella che sarà l’intera sezione di passaggio del condotto).

 

Due prototipi tipici di questi due diversi metodi di misurare sono due tubi, due condotti:

 

  1. tubo di Venturi: che è un misuratore di portata (dà un valore integrato sull’intera sezione);
  2. tubo di Pitot: che è un misuratore locale di velocità di un singolo filetto fluido.

 

Questi due metodi sono i più interessanti dal punto di vista didattico e sono gli strumenti più presenti in esercizi relativi a tale argomento.

 

Tuttavia, bisogna tener presente che la maniera più precisa per misurare la portata di un fluido, per esempio dell’acqua che scorre dentro ad un tubo, è quella di utilizzare un secchiello e un cronometro (metodo della pesata); questo è il metodo di riferimento con cui si tarano tutti gli altri strumenti di misura.

Esso è inoltre molto economico in quanto sono necessari soltanto un tubo da cui esca l’acqua, un secchiello ed un cronometro.

Basta metter il secchio sotto il tubo; far partire l’acqua e contemporaneamente (con la dovuta precisione) azionare il cronometro; e infine quando il secchio è pieno stoppare il cronometro. A questo punto, avendo effettuato precedentemente la tara del contenitore, si pesa il secchio pieno e banalmente si ha così il peso dell’acqua contenuta nel secchiello espresso in chilogrammi (kg). Il tempo invece misurato dal cronometro sarà  una quantità espressa in secondi (s).

Questa grandezza viene indicata come portata in massa e si indica

 

                                          (1)                                                  

 

Ora, se io voglio tarare un generico sistema di misura (ad esempio il tubo di Venturi), lo colloco in questa posizione: in questo modo faccio la misura della portata col tubo di Venturi e simultaneamente col secchiello e il cronometro applico il metodo della pesata.

Così facendo verifico la funzionalità del generico strumento di misura (in questo caso il tubo di Venturi) che, come visibile in figura, vado ad inserire sul condotto.

 

 

TUBO DI VENTURI

 

Prima di descrivere dettagliatamente com'è effettivamente fatto un tubo di Venturi, è bene ricordare il legame tra la velocità del fluido, la portata dello stesso e il diametro del condotto. Tale legame è espresso dalla relazione

 

                                                          (2)

 

dove r è la densità, W è la velocità media di scorrimento e A è l’area di passaggio.

E come appena scritto, sappiamo che l’area è data dalla relazione

 

                                                                                        (3)

 

in quanto, essendo D il diametro, essa non è altro che l’area del cerchio dato dalla sezione di un tubo. Pertanto, anche quando negli esercizi si parlerà di “sezione di passaggio”, si intenderà l’area della sezione del condotto (espressa in mq) e non già il solo diametro. Infatti, si può notare che dentro l’area il diametro compare al quadrato!

 

È anche bene ricordare la densità r di due sostanze fondamentali: l’acqua e l’aria.

Quella dell’acqua è

 

                                                                                 (4)

 

mentre quella dell’aria è

 

                            .                                                     (5)

 

Quest’ultima, però, non ha sempre il medesimo valore, bensì questo cambia molto a seconda della pressione e della temperatura. Se, ad esempio, la pressione dell’aria è a 10 bar (aria compressa), la densità r corrisponde a 12.

In ogni caso la densità dei gas si trova dalla relazione dei gas perfetti:

 

                                                                                       (6)

 

dove P è la pressione, R è la costante del gas e T la temperatura espressa in Kelvin.

 

 

Ma veniamo ora all’argomento vero e proprio del paragrafo: il tubo di Venturi.

Come è fatto? Esso è un pezzo di tubo che si monta (come si vede in figura) al posto di un tratto di tubo dritto che c’era nel condotto.

 

E’ dunque un elemento toglibile montato tra due flange (dischi con quattro fori per i bulloni che permettono di agganciare il tubo di V. al resto del condotto) tra le quali normalmente è presente una guarnizione, generalmente di gomma o sughero.

Si osservi che il modo di montare strumenti idraulici tramite flange è il più usato in quanto consente di estrarre tutto l’elemento senza smantellare tutta la tubazione. Basta infatti eliminare i bulloni che passano dentro i fori delle flange e che le tengono pressate tra loro per sfilare soltanto il pezzo necessario.

Ma ecco come è fatto il tubo al suo interno:

Come funziona? Esso utilizza l’Equazione di Bernoulli, che è:

 

                                                                      (7)

 

la quale esprime il fatto che quando cresce la velocità cala la pressione, poiché l’Energia rimane costante. In altri termini, essa ci esprime che l’Energia all’interno del tubo è invariata.

 

Dunque, andando a fare una sezione 1 (vedi figura sopra) là dove il fluido scorre nel condotto con la sua sezione grande originaria, e una sezione 2 nel punto più stretto, potrò scrivere:

 

                              .                       (8)

 

Ora, ricordando che il tubo di Venturi è un misuratore di portata (Þmisura la velocità), la nostra in cognita da trovare sarà . Nell’equazione suddetta essa compare, tuttavia ne sono presenti anche altre. Alcune di queste si possono però eliminare:

·        : rappresentano le quote del tubo nei punti 1 e 2. Esse si elidono nel momento in cui il tubo viene montato in orizzontale; in questo modo i punti di sezione 1 e 2 hanno lo stesso baricentro e dunque  e  sono uguali.

·        r: in quanto è una costante (N. B.: r deve essere tale, o comunque variare di un valore infinitesimo, se voglio che il tubo di Venturi funzioni correttamente. Se infatti r non è una costante, come nel caso dei gas, il dispositivo rileverà un valore erroneo. Ne risulta pertanto che il t. di V. funziona bene coi fluidi e male coi gas).

 

Le pressioni, poi,  e  le posso dedurre e quindi misurare. Per fare questo adopererò due manometri che misurano rispettivamente  e (anche se generalmente se ne usa uno soltanto, detto manometro differenziale, che misura entrambe le pressioni). Avrò quindi generalmente un blocco integrale (visibile in figura colorato in verde) collegato con due tubicini all’interno del tubo, che mi darà un valore .

 

Dunque, ritornando all’equazione (8), voglio ricavare il valore di  e mi sono calcolato . Mi rimane però l’incognita . Ho pertanto un’equazione con due incognite; sono così costretto a introdurre una seconda equazione, detta della continuità, la quale è l’invarianza della portata in massa. Essa è:

 

                                                                 (9)

 

e mi assicura che attraverso la sezione 1 passa la stessa portata che passa attraverso la sezione 2. Si noti che, come già visto,  e  sono i diametri nei punti 1 e 2 delle circonferenze date dalla sezione del t. di V. e sono espresse al quadrato. Esse possono essere sostituite con le aree  e .

 

Ricordando ancora che r non varia, dall’equazione (9) ricavo :

 

                                   .                                              (10)

 

A questo punto è sufficiente sostituire l’equazione (10) nella (8):

 

                                                           (11)

 

ottenendo così la (11); da cui ancora:

 

                                                                 (12)

 

ricavo la (12) fino ad ottenere l’incognita  che volevo appunto trovare:

 

                                                                        (13)

 

nella quale noto che la differenza di pressione è proporzionale, sotto radice, alla velocità del fluido che sta scorrendo.

 

Dunque, il tubo di V. è utile per fare misure in continuo su un condotto e non in estemporanea come col secchiello (metodo della pesata).

 

Ecco però quali sono i principali inconvenienti di tale dispositivo:

1.      è necessario fare la misura della pressione (operazione piuttosto delicata)

2.      a grosse variazioni di pressione corrispondono piccole variazioni di velocità.

Per questo secondo inconveniente, il campo operativo di questo strumento è limitato; bisogna infatti usarne più d’uno, ognuno con strizzature diverse, per velocità diverse.

(si noti infatti che comunemente il tubo di V. viene venduto in kit di più tubi con strozzature diverse; si sceglierà poi quello con la strozzatura adatta alla velocità che si pensa di dover misurare).

 

A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: perché il tubo ha questa particolare forma? Perché la parte convergente del tubo verso la strozzatura si restringe molto bruscamente, mentre la parte divergente dopo la strozzatura si riapre molto lentamente (come si nota dalla sezione a pag. 3)?

 

Semplicemente per il fatto che se il tubo, a destra della sezione 2, fosse uguale ma speculare alla parte di tubo a sinistra della stessa sezione, all’altezza della strozzatura si innescherebbero dei moti turbolenti molto forti, che creano dei fenomeni dissipativi con valori di b molto alti ( con b oscillante tra 4 e 6) quando b dovrebbe essere nullo per non alterare la misurazione. Con la sezione del divergente molto allungata, invece, il fluido rimane aderente alle pareti non creando in questo modo fenomeni dissipativi.

Il convergente, al contrario, quanto più brusco è, tanto funziona meglio, poiché in questo caso il fluido non potrà distaccarsi dalle pareti del tubo. Inoltre più corto è, meno saranno le perdite distribuite del fluido.

 

Bisogna, infine, osservare che è possibile eventualmente montare un terzo manometro alla fine del tubo di Venturi che serve a misurare se si è avuta una perdita di carico tra  e . 

In teoria, tra  e  non vi dovrebbe essere alcuna perdita di carico. Tuttavia, per quanto il divergente sia ben fatto, una certa perdita è comunque riscontrabile, anche perché, essendo dotato di una certa lunghezza, si avrà anche una percentuale di perdita distribuita. Quindi avrò che >> e , cioè la pressione nel punto di sezione 2 sarà molto maggiore che nel punto di sezione 1 in quanto il fluido passa nel mentre attraverso la strozzatura; e poi  è quasi uguale a  (o, per esattezza  è debolmente maggiore di ) nel caso in cui, ovviamente, il tubo di Venturi sia ben fatto.

 

                       

Vediamo ora come è fatto un manometro differenziale:

 

Applicando una pressione  in A ed una pressione  in B, ed essendo , avrò che i peli liberi dell’acqua non resteranno sullo stesso livello, ma l’acqua salirà di un certo valore lungo il tubo B (valore che posso leggere sulla scala graduata sopra lo stesso). In questo modo vedo il dislivello , proporzionale alla differenza di pressione  e . Si osservi che al posto della combinazione aria-acqua potrei avere anche due fluidi, uno più pesante e uno più leggero (per esempio mercurio-acqua).

Se quello pesante ha densità  e quello leggero , il dislivello è proporzionale al salto di pressione secondo la relazione di Stevino:

 

                                                                    (14)

 

Questa è una legge dell’idrostatica dei fluidi in quiete.

 

La lettura del  diventa problematica quando esso assume valori nell’ordine di 1-2 mm. Ed è proprio per questo motivo che è utile il fatto di avere il tubo inclinato nel manometro differenziale. Infatti tanto più io tengo poco inclinato il mio condotto B, tanto più sensibile diventa il mio manometro differenziale. Normalmente quel tubicino è di vetro ed è incernierato, quindi io posso variarne l’inclinazione. Questo mi rende possibile misurare dei dislivelli incredibilmente ridotti; perché, al tendere a zero dell’angolo a tende all’infinito lo spostamento in orizzontale per dato spostamento in verticale. Spesso, dietro il tubicino B, ho installato un pannello bianco sul quale sono indicate delle scale a vari angoli diversi, da quasi verticali a quasi orizzontali, e, a seconda dell’inclinazione che do al mio tubicino B, leggo il valore sulla scala corrispondente dietro.

 

Una variazione al sistema del tubo di Venturi è data da altri due dispositivi: il diaframma e il boccaglio; essi funzionano concettualmente allo stesso modo.

Anche in questo caso ci sono le due prese di pressione ( ancora due tubicini che vanno legati al manometro differenziale) e la misura concettualmente si fa come prima.

 

 

si misura cioè la differenza di pressione osservando che la stessa sotto radice quadrata è proporzionale alla velocità del fluido. Questi strumenti, però, introducono volutamente una forte perdita di carico localizzata, che si gestisce con la relazione:

 

                                                                                      (15)

 

dove b è noto (è proprio scritto sul diaframma o sul boccaglio).

Quindi, se scrivo l’equazione di Bernoulli tra un punto che si trova prima del boccaglio e uno che si trova dopo avrò:

 

            .                  (16)

 

Ora, la velocità del fluido, prima e dopo il boccaglio è la stessa, quindi , in quanto cala la pressione ma la quantità di fluido trasportata è sempre la stessa. Per questo motivo posso eliminare il primo addendo dell’equazione (16). Posso poi eliminare anche il secondo addendo poiché non ho differenza di quota. La differenza di pressione l’ho misurata e b lo conosco. Da qui ricavo il valore della velocità che è data da:

 

                                                                                     (17)

 

dove di nuovo la radice di è proporzionale alla velocità. Di nuovo occorre avere una serie di diaframmi per gestire tutte le possibili portate perché, se il diaframma ha una strozzatura troppo piccola, non va bene per portate elevate, mentre se ha la strozzatura troppo grande non va bene per portate molto ridotte. Ed è per questo che, come il tubo di Venturi, vendono venduti in scatole con quattro o cinque diaframmi con strozzature diverse.

 

Esistono, infine, dei tubi di Venturi simmetrici, che hanno divergenti e convergenti simmetrici ed entrambi molto dolci. C’ è dunque il vantaggio che questi strumenti sono bidirezionali, cioè misurano sia in un senso che nell’altro.

 

TUBO DI PITOT-PRANDTL

 

   

 

Il tubo di Pitot, detto anche tubo di Pitot-Prandtl, è uno strumento, generalmente prodotto in acciaio inox, composto da due tubi cilindrici concentrici piegati a “L” ad un'estremità dei quali si trova un foro che consente l’ingresso di fluidi, principalmente aria, e all’altra due manometri.

Esso, a differenza del tubo di Venturi, è un misuratore locale di velocità di un singolo filetto fluido e non un misuratore della velocità media del fluido in un condotto.

Immergendo il tubo nel getto da misurare (ad esempio in un condotto) avviene che il fluido sbatte contro l’ingresso del tubo stesso, creando una sovrapressione (nel cosiddetto punto di ristagno) e la sua energia cinetica si trasforma così in energia potenziale. Vi sono poi altri due forellini, questa volta posti non in punta, ma ai lati del tubo, in corrispondenza dei quali si crea una pressione detta statica.

Pertanto, come nel tubo di Venturi si effettua una misura di pressione differenziale: che legame matematico esiste tra la (pressione di ristagno) e la (pressione statica)?

Scrivendo l’equazione di Bernoulli, seguendo il percorso dell’aria tra il foro di pressione di ristagno e i fori di pressione statica, come si può notare in figura, si avrà:

 

                                                       (18)

 

dove si eliminano  in quanto la velocità nel punto di ristagno è nulla e e  perché i due punti sono sulla stessa retta orizzontale. Rimane pertanto il valore della velocità locale che volevo trovare

 

                                   .                                                 (19)

 

Si osservi che col tubo di Pitot  è possibile effettuare solo misure molto grandi, cioè posso misurare solo velocità molto elevate.

Per questo motivo esso è  molto usato in campo veicolistico, per esempio nella formula uno, per misurare la velocità effettiva del veicolo rispetto all’aria. Oppure anche in campo aeronautico, sugli aerei civili e militari.

 

E per misurare velocità molto basse?

Esistono due tecnologie: la prima è basata sulle ventoline, o elichette, cioè su dispositivi a elica: essi possono assumere l’aspetto di un piccolo ventilatore. Ne esistono anche alcuni per uso manuale, che si mettono ad esempio davanti alle bocchette dell’aria condizionata per misurare la velocità d’uscita dell’aria stessa, dotati di elichette a sei-otto pale con un diametro di circa 5-8 cm. Ad esse è collegato poi un semplice contagiri e al numero dei giri è proporzionale, previa taratura, la velocità del fluido. Essi possono essere montati direttamente sul condotto oppure, come detto, possono essere portatili. Ecco come sono fatti:

 

La seconda tecnologia invece più scientifica adatta per misure di laboratorio è l’anemometro a filo caldo. Il filo caldo è costituito da sottile filamento di metallo che diventa incandescente (solitamente esso di platino, metallo che mantiene nel tempo le proprie caratteristiche elettriche) per elettricità. Ha un diametro intorno al decimo di millimetro ed è lungo circa 1 cm ed è montato dentro un tubetto di protezione della lunghezza di circa 2 cm. Tale dispositivo è dunque in pratica una sezione di tubetto dentro al quale è tirato, in obliquo, il filo caldo; l’aria ci passa attraverso e raffreddando il filetto interno.

Ora, sapendo, concettualmente, che la potenza scambiata è proporzionale al salto di temperatura (che in questo caso è rappresentata dalla temperatura del filo meno quella dell’aria).

Quindi, se chiamo  la potenza termica, questa è proporzionale, tramite un certo coefficiente K alla differenza di temperatura . Pertanto avrò la relazione :

 

                                                 (20)

 

dove “V” sono volt, “i” sono gli ampere, cioè moltiplicando la tensione del filo per la corrente che passa in esso ottengo la potenza. E “V” e “i” li conosco perché li posso misurare.

Ora, il coefficiente di scambio termico K dipende dalla velocità dell’aria, cioè tanto maggiore è la velocità dell’aria e tanto maggiore è il coefficiente di scambio termico.

Tale relazione è però molto complicata e non sempre fornisce dei risultati precisi. Pertanto si procede generalmente per taratura dello strumento. Cioè lo si tara per tentativi: avendo la situazione di ogni tentativo una velocità diversa si avranno dei valori di K ogni volta differenti. Si “costruisce” così un diagramma dove in ascissa si pone K e in ordinata la velocità (cioè in funzione della velocità abbiamo il K). Il K lo si ottiene dalle misurazioni e basta così leggere il valore della velocità corrispondente. Ecco come è fatto il diagramma:

 

E’ un sistema efficace, perché il sensore molto piccolo, ha molto poca inerzia e quindi sente rapidamente le variazioni del flusso. Dovendo misurare un flusso che sta variando nel tempo con questo tipo di strumento si riesce a inseguire questa variazione, cosa che con la ventolina non sarebbe possibile in quanto ha una forte inerzia.

Unico suo svantaggio è che è uno strumento delicatissimo e molto costoso.

Oggi poi ne esistono addirittura di tipo differenziale, cioè dotati di due fili caldi; questo fornisce due principali vantaggi:

1.      riescono a percepire il verso dello spostamento del fluido;

2.      hanno un tempo di risposta incredibilmente breve (tanto che possono addirittura essere usati come microfoni in quanto riescono a captare lo spostamento d’aria causato dalle onde sonore).

Di anemometro a filo caldo differenziale il più conosciuto è il “Microflown”, strumento prodotto da una ditta olandese.

 

Ma esiste poi anche un altro tipo di anemometro, chiamato “Laserdopler”, il quale funziona a fibre ottiche. Si prende un raggio laser il quale viene scagliato contro un cristallo che lo divide in due parti perfettamente identiche tra loro; e questi due raggi uguali vengono poi, nuovamente tramite un cristallo, fatti convergere e incrociarsi a “x”. E, come è ben noto, incrociandosi due raggi, si crea un’interferenza costruttiva e distruttiva. Quando i due raggi sono, come si  dice, “in fase”, si crea l’interferenza costruttiva e la luce sarà più intensa; viceversa, quando i due raggi sono sfasati si crea l’interferenza distruttiva e la luce è meno intensa.

Nel punto dove si incrociano i raggi avrò pertanto un’alternanza di minuscole bande bianche e nere, come si può vedere in figura:

 

 

Osservando l’aria, con uno strumento ottico adatto, passare con le sue impurità (fondamentali, altrimenti non riscontrerei nulla) attraverso il “volume di misura”, potrò creare un diagramma, dove in ordinata avrò l’intensità della luce e in ascissa  il tempo, costituito da picchi che si susseguono appunto con un certo intervallo di tempo (i picchi avranno un andamento sinusoidale crescente e decrescente poichè l’aria attraversa alternativamente bande bianche e nere, e quindi con intensità maggiore e minore).

Ora, la frequenza dei picchi è proporzionale alla velocità del fluido.

 

 

 

APPLICAZIONI

 

Dopo aver visto in modo teorico il funzionamento di strumenti come il tubo Venturi e il tubo di Pitot, osserviamo ora alcune applicazioni pratiche degli stessi dispositivi.

 

Un tipico esempio di applicazione pratica del tubo di Venturi è il carburatore delle automobili (peraltro oggi non più utilizzato).

Questo pezzo del motore serve a miscelare l’aria con la benzina ed è fatto in questo modo:

 

Come si può vedere in figura,  , cioè la pressione della strozzatura è minore di quella atmosferica; quindi , in questo caso, il tubo di Venturi funziona come un aspiratore di fluido.

Si noti che la forza aspirante è proporzionale alla velocità e quindi alla portata della benzina. Questo fatto fa sì che vi sia un rapporto aria-benzina sempre costante.

 

Ma un’altra applicazione del tubo di Venturi dove esso ancora agisce come un aspiratore di fluidi è la vecchia pompa del DDT. Infatti, tirando indietro la leva, il DDT veniva risucchiato nella pompa dove si miscelava con l’aria; e poi, spingendo in dentro la leva, questa spruzzava fuori la miscela aria-DDT.

 

Venendo invece ad un’applicazione pratica del tubo di Pitot, possiamo parlare di uno strumento chiamato piezometro. Esso viene usato per misurare la pressione nei condotti(ad esempio per vedere con quale pressione arriva l’acqua ad un secondo piano di una casa).

Avendo un serbatoio pieno di acqua collegato da un condotto ad un’abitazione, ho un tubo verticale (il piezometro) collegato a tale condotto nel quale l’acqua che va dal serbatoio alla casa risale di un certo livello (questo piezometro è detto statico, perché finisce sulla parete del condotto ma non entra in esso). Accanto, ho poi un secondo piezometro che è chiamato dinamico, perché, a differenza di quello statico, penetra nel condotto stesso (proprio come il tubo di Pitot). Il piezometro dinamico, avendo una parte dentro il condotto investita direttamente dal fluido che scende verso la casa, avrà una pressione maggiore rispetto al piezometro statico.

Quindi, misurando l’altezza di risalita dell’acqua nel piezometro avrò il cosiddetto carico piezometrico: e ad ogni valore di carico piezometrico corrisponde un determinato valore in termini di pressione.

Ad esempio, con 50m di carico piezometrico corrispondono 50atm (5 bar) di pressione.