Barbara Campioli – matr. 138708 – Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

 

IL CICLO FRIGORIFERO

 

 

La macchina frigorifera:

 

I cicli frigoriferi sono trasformazioni termodinamiche cicliche che avvengono in particolari macchine chiamate “macchine inverse”, in quanto in queste macchine il lavoro è sfruttato invece di essere prodotto.

Una macchina inversa, detta anche macchina frigorifera, può essere schematizzata nel seguente modo:

 

 

 Le macchine frigorifere sono dispositivi che trasferiscono il calore da una sorgente a bassa temperatura ad una sorgente a temperatura più alta mediante l’impiego di lavoro esterno. Dal punto di vista termodinamico, ciò è ottenuto mediante una trasformazione ciclica percorsa nel senso opposto a quella considerata sinora della macchina a vapore.

Come si osserva nella figura, una macchina frigorifera preleva il calore da un corpo a bassa temperatura (T2) e lo riversa in un corpo a temperatura più alta (T1). Anche l’energia esterna L, il lavoro che essa utilizza per compiere questo processo, è trasferita al corpo più caldo sottoforma di calore.

Il funzionamento di questo impianto, si basa su continue variazioni di pressione e volume, di una relativamente piccola massa costante di un liquido, con particolari proprietà chimico-fisiche, chiamato “refrigerante” che è fatto passare, tramite un compressore, in un condensatore, successivamente attraverso una valvola di laminazione e poi nell’evaporatore.

Per chiudere il ciclo è necessario infine abbassare pressione e temperatura, il che avviene facendo passare il fluido, ormai in forma liquida, attraverso un organo di laminazione che solitamente è un capillare, una valvola termostatica o una valvola elettronica di laminazione.

Come al solito trascuriamo tutte le difficoltà connesse con l’attrito, le perdite di calore…

 La macchina frigorifera è, perciò, una macchina che riceve lavoro dall’esterno, calore da un certo ambiente ed emette una maggiore quantità di calore.

 

 

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Rendimento della macchina frigorifera

 

A seconda di come una macchina frigorifera è utilizzata si definiscono due grandezze diverse che valutano la prestazione termodinamica:

 

-se lo scopo è raffreddare il serbatoio a temperatura inferiore ci interessa il coefficiente di effetto utile frigorifero, cioè il rendimento estivo, che rappresenta il rapporto fra il calore assorbito e il lavoro richiesto dal sistema:

 

hest = Q2 / L

 

-se la macchina funziona come pompa di calore, prelevando calore da un serbatoio freddo e cedendone una quantità maggiore ad un serbatoio caldo, allora ci interessa il coefficiente di prestazione, cioè il rendimento invernale, che rappresenta il rapporto fra il calore fornito e il lavoro richiesto dal sistema:

 

hinv = Q1/L

 

La stessa macchina dal punto di vista termodinamico presenta un maggior rendimento se utilizzata come pompa di calore anziché come frigorifero. Inoltre il rendimento può essere migliorato rallentando e accelerando la macchina frigorifera nei momenti opportuni, piuttosto che spegnendola e riaccendendola. Questo ultimo metodo può anzi arrecare gravi danni, in quanto se un impianto rimane spento per un periodo prolungato può accadere che dell’acqua si infiltri all’interno del compressore nonostante la presenza di valvole di sicurezza, provocando seri problemi al momento della riattivazione del sistema. E’ per questo motivo che la durata media dei frigoriferi, sempre accesi, si aggira intorno ai 20 anni, mentre i condizionatori dopo 4 o 5 anni di solito devono essere riparati.

La macchina frigorifera è perciò utilizzata in estate per raffreddare gli ambienti, mentre in inverno serve per riscaldarli.

Lo scopo della macchina frigorifera è di trasformare l’energia entrante sotto forma di lavoro (L), in assorbimento di calore uscente. Quindi possiamo affermare che la sua efficienza sarà più alta, se con il minore lavoro possibile, produce una maggiore quantità di calore. Si può calcolare il rendimento della macchina frigorifera anche in funzione del salto di temperatura.

La domanda da porsi è che utilità abbiamo ad utilizzare la macchina frigorifera per riscaldare. Analizzando il suo funzionamento si osserva che è molto utile utilizzarla per riscaldare perché ottengo un calore Q1 molto maggiore del lavoro L che spendo. Funziona quindi come un moltiplicatore di energia. Questa è una macchina costosa, ma negli edifici pubblici è obbligatorio fornire 2 volumi orari di aria ad ogni ambiente. Se l’ambiente è di 200 m3 devo procurare 400 m3 di aria l’ora. In un edificio di questo tipo dove la macchina è necessaria per l’uso estivo conviene utilizzarla anche d’inverno.

 

Dimensionamento energetico:

 

Solo il progettista dell’edificio è capace di dare le informazioni sul dimensionamento energetico della macchina necessaria; anche se spesso è lasciata scegliere alle imprese. Molto spesso le imprese installano macchine sovradimensionate che consentono di avere gli ambienti a temperatura giusta ma si spende di più nel costo d’acquisto e di gestione. Questo perché la

 

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macchina lavora, ad esempio, al 20% della sua possibilità.

 

I fluidi frigorigeni:

 

Le macchine frigorifere funzionano utilizzando vapore saturo. Il fluido utilizzato è in stati fisici sotto la curva limite superiore ed è chiamato refrigerante.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

                              

Sono definiti frigorigeni i fluidi utilizzati negli impianti frigoriferi e a pompa di calore.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

Un fluido frigorigeno deve avere particolari caratteristiche:

-non deve essere pericoloso per le persone;

-non deve essere dannoso per l’ambiente;

-non deve aggredire chimicamente i componenti del ciclo;

-deve poter mantenere all’interno del suo campo di lavoro, una pressione maggiore di quella                          atmosferica, al fine di impedire entrate di aria umida nell’impianto;

-occorre che presenti nelle normali condizioni operative, un rapporto non troppo elevato tra le  pressioni di condensazione ed evaporazione, per minor consumo di energie per la compressione;

-occorre, infine, che alla temperatura di evaporazione, sia particolarmente elevato il valore del calore latente di cambiamento di fase, mentre allo stesso tempo deve essere basso il valore del volume specifico, per diminuire la portata volumetrica per unità di flusso termico asportato.

 

Anche l’acqua presenta certe caratteristiche che soddisfano queste condizioni: è infatti assolutamente ecologica e a basso costo, ma purtroppo non consente di scendere a valori inferiori di 0°C. Inoltre il suo volume specifico alle basse temperature è elevato, con pressioni di saturazione piuttosto ridotte. Ciononostante l’acqua si presta a certi compiti, come nelle macchine frigorifere ad assorbimento, utilizzante nel condizionamento ambientale.

In definitiva non si utilizza vapore d’acqua come refrigerante ma altri fluidi. Questo perché a 0°C l’acqua solidifica ed evapora a temperature troppo elevate. Di solito la macchina frigorifera lavora con una differenza tra la temperatura massima e la temperatura minima di massimo 20°C-30°C. Spesso la temperatura minima è qualche grado sotto lo zero.

Oltre all’acqua, nel corso della storia si sono provati altri fluidi “naturali”, tra cui anidride

 

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carbonica, propano e l’ammoniaca (l’unica utilizzata ancora ai nostri giorni, con le dovute precauzioni che impone, specie nei grandi magazzini frigoriferi).

 

Con l’avvento dei fluidi alogenati, ottenuti partendo dal metano o dall’etano, per sostituzione, totale o parziale, degli atomi di idrogeno con atomi di cloro e fluoro (dai quali poi prendono il nome di Cloro- Fluoro-Carburi), si è abbandonato l’utilizzo dei prodotti naturali.

I fluidi alogenati, hanno buone caratteristiche:

-non sono tossici;

-non sono infiammabili;

-non sono corrosivi;

-sono caratterizzati da proprietà termodinamiche favorevoli;

-per ogni campo di applicazione a varie temperature, è possibile scegliere tra uno o più

            fluidi frigorigeni che possiedono i più adatti requisiti.

 

Si capisce perciò come i fluidi frigorigeni “naturali” siano stati abbandonati quando la DuPont ha messo sul mercato questi nuovi fluidi specifici, sotto il nome commerciale di “Freons”. Ora la normativa tende a catalogare questi fluidi sintetizzati, contraddistinguendoli con l’iniziale R della parola inglese “Refrigerant”, seguita da un numero con più cifre che ne identifica la composizione chimica.

 

L’ammoniaca e il freon:

 

Le sostanze più usate sono l’ammoniaca (NH3) o il Freon (CClF2), sostanze che, a temperature ordinarie, sono liquefatte con pressioni non troppo elevate.

 

L’ammoniaca è un composto che costa poco, ma ha difetti igienici e ambientali. Risulta essere infatti irritante per le vie respiratorie e se mescolata con piccole quantità di ossigeno diventa esplosiva. Di solito è usata negli edifici che posseggono macchine frigorifere sul tetto. Questo tipo di macchina frigorifera è usata per creare acqua calda e fredda che è fatta scorrere tramite dei tubi nell’ambiente. Il passaggio del calore dall’ammoniaca all’acqua porta a perdite energetiche.

La situazione migliore sarebbe trasportare direttamente l’ammoniaca perché anche in una piccola quantità di fluido è contenuta molta energia. L’ammoniaca è perciò un ottimo fluido, ma la pericolosità ambientale ha portato a cercare delle alternative.

 

Un’alternativa è il Clorofluorocarburi (CFC) detto anche commercialmente Freon. È un acido che contiene cloro e fluoro. Dimostra una molto maggiore inerzia chimica rispetto all’ammoniaca. Inizialmente i Freon sembravano meglio dell’ammoniaca per la presunta non tossicità. Il problema si è dimostrato essere la stabilità chimica che lo porta ad essere indistruttibile. Perciò nell’ambiente non si distrugge. Quando nell’atmosfera ha cominciato ad essercene troppo si sono visti i danni dovuti anche al fatto che fu utilizzato anche nelle bombolette spray oltre che nelle macchine frigorifere. Le macchine frigorifere, se ben fatte, non dovrebbero permettere che si liberino nell’ambiente. Si sono però poi cominciate a rottamare: nelle grosse macchine si recuperava, mentre nei piccoli frigoriferi si recuperava il metallo e si lasciava disperdere il Freon. I danni principali dovuti al Freon sono il buco dell’ozono e l’effetto serra.

 

 

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DANNI DEL FREON:

 

1)      BUCO DELL’OZONO,

 

2)      EFFETTO SERRA

                                                                

Il buco dell’ozono:

 

Un importante componente dell’atmosfera è l’ozono, un gas che differisce dal comune ossigeno che respiriamo, perché,mentre le molecole di questo sono formate ciascuna da due atomi di ossigeno (hanno cioè formula O2), quelle di ozono sono formate ciascuna da tre atomi di ossigeno (hanno cioè formula O3). L’ozono è presente nell’atmosfera in piccolissime quantità, al punto che, se fosse possibile radunarlo tutto sulla superficie terrestre, si otterrebbe uno straterello spesso solo 0,4 cm. Inoltre, la sua distribuzione non è uniforme: nella zona inferiore dell’atmosfera ce n’è meno di una parte su 100 milioni mentre la sua concentrazione è molto maggiore tra i 10 e i 50 km di quota, con un massimo intorno ai 25 km. A quelle quote, per assorbimento di gran parte delle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole, le comuni molecole di ossigeno sono scisse in atomi di ossigeno. L’ozono si forma quando un atomo di ossigeno (O) e una molecola di ossigeno (O2) collidono in presenza di un’altra molecola che funge da catalizzatore, cioè favorisce lo svolgersi della reazione senza essere consumata. Che la maggior parte di ozono sia presente nella fascia di atmosfera compresa tra i 10 e i 50 km di quota è dovuto al fatto che solo lì può instaurarsi un delicato equilibrio: da una parte vi giunge una quantità di radiazioni ultraviolette sufficiente a provocare la formazione di ossigeno atomico, dall’altra la densità dell’aria è ancora abbastanza elevata da permettere le collisioni tra ossigeno atomico e ossigeno molecolare.

La presenza di uno strato di ozono nell’atmosfera è di capitale importanza per l’esistenza della vita sulla Terra. L’ozono infatti assorbe le dannose radiazioni ultraviolette che provengono dal Sole: se mancasse tale filtro capace di bloccare la maggior parte delle radiazioni ultraviolette, impedendo ad esse di raggiungere la superficie terrestre, il nostro pianeta sarebbe inabitabile per la maggior parte delle forme di vita attualmente esistenti. Quindi, qualsiasi fenomeno in grado di ridurre il contenuto in ozono dell’atmosfera potrebbe avere effetti negativi sulle condizioni di vita sulla Terra; si tratta di un problema molto attuale perché un’eventualità del genere non è poi tanto teorica: a partire dall’inizio degli anni ’70 si è andata sempre più manifestando la preoccupazione che, come effetto secondario di certi interventi e attività dell’uomo, si stia realmente riducendo la quantità di ozono contenuto nell’atmosfera.

Si ritiene attualmente che di gran lunga il maggior impatto delle attività umane sullo strato di ozono sia quello derivante dall’impiego di un gruppo di composti chimici sintetici che vanno sotto la denominazione generale di clorofluorocarburi (CFC, più noti sotto il nome commerciale di Freon). I CFC sono usati come propellenti nelle bombolette spray, come composti di partenza nella produzione di certe materie plastiche e come fluidi frigorigeni negli apparecchi di refrigerazione. Dato che si tratta di gas piuttosto inerti (ossia poco reattivi), che non subiscono praticamente alterazioni nella zona inferiore dell’atmosfera, parte di essi riesce a raggiungere lo strato di ozono. Qui, per effetto di alcune radiazioni solari, le molecole dei CFC sono scisse negli atomi che le compongono. A quanto pare, gli atomi di cloro che così si liberano provocherebbero,attraverso una complessa serie di reazioni, la trasformazione di parte dell’ozono in ossigeno molecolare.

Questa spiegazione non è però l’unica, né è attualmente la più seguita. Tra il 1985 e il 1986

 

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è stata infatti segnalata, con un certo allarme, la presenza di un “buco” nello strato di ozono al di sopra dell’Antartide. Le ricerche appositamente organizzate per studiare il fenomeno non hanno però riscontrato localmente nell’atmosfera l’aumento di cloro previsto nel meccanismo di reazione dei CFC. Inoltre, verso la fine del 1986, il “buco” si stava riducendo di dimensione. Nello stesso periodo, è stata segnalata una diminuzione della temperatura della stratosfera; secondo alcuni ricercatori sarebbe stata proprio questa situazione termica a provocare, in corrispondenza dell’Antartide, la risalita dalla sottostante troposfera d’aria relativamente più calda, povera d’ozono.

In tal caso, le variazioni nella quantità di ozono osservate in questi ultimi anni (in particolare tra il 1957 e il 1973 e tra il 1980 e il 1984) potrebbero essere semplicemente fluttuazioni naturali, destinate a manifestarsi periodicamente. I CFC potrebbero avere unicamente l’effetto di accentuare il fenomeno della ricorrente diminuzione di ozono.

Alcuni ricercatori hanno anche messo in luce la possibilità che l’aumento di temperatura nella troposfera e la diminuzione di temperatura nella stratosfera siano legati a un effetto serra, dovuto a un particolare incremento dell’attività vulcanica globale, ma anche ad attività antropiche.

Non va dimenticato che, secondo i calcoli fatti, a ogni 1% in meno della concentrazione di ozono corrisponde un aumento del 2% della quantità di radiazioni ultraviolette che raggiungono la superficie terrestre. è provato d’altra parte che le radiazioni ultraviolette provocano certi tipi di cancro della pelle; un impoverimento dello strato protettivo di ozono potrebbe pertanto avere serie conseguenze sulla salute dell’uomo, senza contare gli effetti che un aumento delle radiazioni ultraviolette potrebbe avere sugli altri animali e sulle piante.

 

L’effetto serra:

 

Considerando l’atmosfera nel suo insieme, nessuno dei gas che la costituiscono assorbe in misura significativa le radiazioni aventi una lunghezza d’onda compresa tra i 0,4 e i 0,7 mm, quelle cioè che corrispondono alla banda del visibile, che comprende una buona parte della radiazione solare incidente. Ciò spiega perché la maggior parte delle radiazioni visibili raggiunge la superficie terrestre e perché si dice che l’atmosfera è trasparente alle radiazioni solari. Pertanto, l’energia solare diretta è assai poco efficace ai fini di un riscaldamento dell’atmosfera terrestre; il grosso dell’energia che questa riceve è una conseguenza dell’irraggiamento ad opera della superficie terrestre, che restituisce così l’energia della radiazione solare da essa assorbita.

Circa il 50% dell’energia solare che investe l’atmosfera raggiunge direttamente o indirettamente (cioè per diffusione) la superficie terrestre e ne viene assorbito. La maggior parte dell’energia assorbita viene nuovamente irradiata verso il cielo. Ma, poiché la Terra ha una temperatura superficiale molto inferiore a quella della superficie del Sole, la radiazione terrestre è costituita da onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda maggiore di quella della radiazione solare. Il grosso della radiazione terrestre presenta lunghezze d’onda che vanno da 1 a 30 mm, che cadono, quindi, all’interno della banda dell’infrarosso. D’altra parte l’atmosfera ha globalmente buone possibilità di assorbimento nei confronti di queste radiazioni; particolarmente efficaci sotto questo aspetto sono il vapore acqueo e l’anidride carbonica. Il vapore acqueo assorbe circa cinque volte più radiazione terrestre di tutti gli altri gas dell’atmosfera messi assieme ed è pertanto la principale causa della maggiore temperatura che si osserva nella troposfera inferiore, dove la sua concentrazione è maggiore.

Pertanto, poiché l’atmosfera è piuttosto trasparente nei confronti della radiazione solare (a

 

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 onde corte) e maggiormente assorbente nei confronti della radiazione terrestre (a onde lunghe), essa viene riscaldata dal basso verso l’alto piuttosto che viceversa. Ciò spiega la graduale diminuzione della temperatura con la quota che si osserva nella troposfera: quanto più è lontana dal radiatore, tanto più fredda risulta l’aria.

Nell’assorbire la radiazione terrestre, i gas dell’atmosfera si riscaldano, ma prima o poi finiscono per irradiare a loro volta l’energia così assorbita. Parte delle radiazioni da loro emesse sono dirette verso l’alto, dove possono venire riassorbite da altre molecole gassose, ma la probabilità che ciò si verifichi diminuisce via via che si sale di quota, per il diminuire della concentrazione di vapore acqueo presente. Il resto si irradia verso il basso e viene riassorbito dalla Terra. Di conseguenza, la superficie terrestre viene continuamente rifornita di calore, oltre che dal Sole, anche dall’atmosfera; senza l’assorbimento e il seguente irraggiamento da parte dei gas dell’atmosfera,la Terra non sarebbe un pianeta abitabile né per l’uomo, né per molte altre forme di vita.

Il fenomeno ora descritto, molto importante, è stato denominato effetto serra, perché un tempo si riteneva che il fenomeno di riscaldamento che si ha nelle serre fosse dovuto a un processo analogo. I gas dell’atmosfera, in particolare il vapore acqueo e l’anidride carbonica, si comportano infatti in modo simile ai vetri di una serra, i quali permettono alle radiazioni solari a onde corte di penetrare all’interno della serra, dove esse vengono assorbite dai corpi presenti; questi a loro volta restituiscono l’energia assorbita,ma sotto forma di radiazioni di lunghezza d’onda maggiore, nei confronti delle quali il vetro è quasi opaco. In tal modo il calore rimane intrappolato nella serra. Ma, a differenza dell’atmosfera, una serra si mantiene calda soprattutto perché, essendo chiusa, impedisce all’aria interna di mescolarsi con l’aria esterna, più fredda. Comunque, anche se non completamente esatta, l’espressione “effetto serra” è rimasta nell’uso.

Vista la notevole capacità di assorbire calore da parte dell’anidride carbonica, qualsiasi cambiamento nella quantità di tale gas presente nell’aria si deve necessariamente riflettere in una modificazione della temperatura nella bassa atmosfera: questa considerazione è alla base della teoria che associa cambiamenti climatici alle variazioni nel contenuto di anidride carbonica dell’atmosfera.

Il rapido sviluppo industriale iniziato nel XIX secolo è stato caratterizzato da un continuo aumento del consumo di combustibili fossili, con la conseguente aggiunta all’atmosfera di grandi quantità di anidride carbonica, un tipico prodotto della combustione. Parte dell’anidride carbonica via via emessa nell’atmosfera si scioglie nelle acque degli oceani e parte viene utilizzata dalle piante, ma circa il 40-50% rimane nell’atmosfera. In base alle stime fatte, dal 1860 al 1985 c’è stato un incremento della quantità di anidride carbonica nell’aria compreso tra il 15 e il 20%.

Nel presupposto che l’uso dei combustibili fossili continui ad aumentare con il ritmo calcolato, si prevede che il contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera, che è oggi di circa 340 parti per milione, raddoppierà nella seconda metà di questo secolo. Con un incremento di anidride carbonica di tale entità, l’aumento dell’effetto serra sarà molto più consistente e, pertanto, più facilmente rilevabile di quanto non sia stato finora. Nell’ipotesi di un raddoppio del contenuto di anidride carbonica nell’atmosfera, i modelli più realistici prevedono un aumento globale della temperatura sulla superficie terrestre compreso tra 1,5 e 4,5°C. Questi stessi modelli fanno prevedere anche che il riscaldamento della parte inferiore dell’atmosfera non sarà uguale dovunque: la variazione termica nelle regioni polari potrà essere due o tre volte superiore alla media globale. Ciò sarebbe dovuto, almeno in parte, alla notevole stabilità della troposfera polare, che ostacola il mescolamento verticale dell’aria e limita, perciò, la quantità di calore che dalla superficie può trasferirsi verso l’alto. Un ulteriore contributo al maggior

 

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incremento della temperatura nelle regioni polari dovrebbe venire anche dalla prevista riduzione

dell’estensione di superficie marina ghiacciata.     

Il bilancio energetico della Terra si sposta a una temperatura più elevata e la Terra si riscalda.

Ciò è già accaduto ciclicamente e quindi è una conseguenza meno preoccupante rispetto al “buco dell’ozono”. Quindi quest’effetto ci preoccupa molto meno perché rientra nella logica del cambiamento che sulla Terra c’è sempre stato.

 

Schema tecnologico della macchina frigorifera:

 

                                                  

Lo schema riproduce schematicamente il dispositivo usato nella macchina frigorifera che                                                   

è costituito da 4 sezioni, di cui due sono le batterie (cioè pacchi di lamierini in cui scorre l’aria con un tubicino interno in cui scorre il fluido), una la pompa che ha la funzione di mantenere una pressione elevata nel condensatore e infine la valvola che deve regolare l’espansione e quindi l’evaporazione del liquido. Quando la sostanza evapora si trova in contatto termico con la sorgente fredda dalla quale assorbe calore; viceversa, quando la sostanza passa allo stato liquido essa si trova in contatto termico con la sorgente calda alla quale cede calore: il lavoro viene compiuto dalla pompa.

Un esempio può essere il frigorifero dove la cella frigorifera è l’evaporatore e il serpentino dietro al frigorifero è il condensatore.

Questa macchina ha bisogno di cedere calore all’ambiente. Come si mantengono le due temperature costantemente diverse? Devo farlo forzatamente, impiegando del lavoro, attraverso la pompa e la valvola.

Osservando il funzionamento di una macchina frigorifera si può notare che essa non è molto diversa da una macchina a ciclo di Rankine, che può essere considerata la rispettiva macchina diretta.

Ogni componente può essere considerato un sistema aperto, ma collegati fra loro generano un sistema chiuso. La macchina inversa è composta dagli stessi elementi della macchina diretta, anche se la turbina è in questo caso sostituita da una valvola di laminazione. Queste somiglianze si ritrovano anche nelle particolari trasformazioni che subisce il fluido all’interno della macchina; infatti una macchina inversa utilizza un ciclo Rankine percorso appunto in senso

 

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inverso

Studiamo ora nel dettaglio i vari passaggi del ciclo frigorifero dandone una rappresentazione sul diagramma P-v:

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

      

                                          

 Analizziamo ora le varie trasformazioni del ciclo:

 

-         1-2: Il fluido, che in 1 si trova allo stato di vapore saturo secco (titolo unitario), passa attraverso una pompa, chiamata anche compressore, che ne aumenta la pressione per mezzo di una trasformazione adiabatica reversibile (Q = 0). Durante questo passaggio si verifica un aumento significativo della temperatura del fluido, che in 2 si trova nel campo del vapore surriscaldato.

 

-         2-2I, 2I-3: Il fluido percorre la serpentina del condensatore e cedendo calore Q1 comincia a raffreddarsi  (2-2I) a pressione costante, fino a raggiungere in 2I lo stato di vapore saturo secco;a questo punto, sempre a pressione costante, il vapore comincia a condensare (2I-3) e a temperatura costante giunge in 3, che si trova sulla curva limite inferiore (titolo 0).

 

-         3-4: Il fluido entra nella valvola di laminazione e subisce una trasformazione isoentalpica (h3 = h4 , cioè l’entalpia specifica rimane costante) che ne diminuisce la pressione e la temperatura e ne aumenta il volume. L’uso della valvola fa sì che questa trasformazione non sia più adiabatica reversibile; anzi, la valvola rende questo processo fortemente irreversibile e da ciò deriva l’impossibilità di tracciare un percorso definito da 3 a 4. Altrettanto indefinita risulta essere l’area del ciclo frigorifero, e questo rappresenta uno svantaggio rilevante.

La trasformazione è isoentalpica infatti:

                     

(W42 - W32)/2 + g (z4 - z3) + h4 - h3 = q - l da cui h4 = h3

 

 

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-         4-1: Il fluido, che in 4 è quasi completamente liquido, entra nell’evaporatore e a pressione costante comincia la vaporizzazione assorbendo il calore Q2 fornito al sistema,fino a raggiungere lo stato iniziale 1 nel quale può ricominciare il ciclo.

 

Analizziamo ora i tipi di trasformazioni in relazione alla variazione di entalpia dei vari sistemi aperti:

 

-         1-2: l = h2 - h1

 

-     2-3: q1 = h2 - h3

 

-     3-4: h1 = h2

 

-     4-1: q2 = h1 - h4

 

Le due formule del rendimento ora possono essere scritte come rapporto tra due salti di entalpia:

 

                      hest = (h1 - h4) / (h2 - h1)     

                    

                      hinv = (h2 - h3) / (h2 - h1)  

 

La casa produttrice DuPont vende i suoi prodotti chimici fornendo i relativi “datasheet”, ossia i dati caratteristici, sotto forma di diagrammi p-h, mentre non vengono solitamente divulgate le tabelle dei fluidi, che possono essere richieste solo firmando un NDA, un contratto per cui ci si impegna a mantenere la riservatezza sulle informazioni di cui si viene a conoscenza. Un esempio di diagramma p-h è riportato qui sotto:

 

 

  

 

 

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In questo diagramma l’asse delle pressioni è in scala logaritmica e le curve limite sono quelle proprie del fluido considerato. Queste sono le uniche informazioni che ho a disposizione.

Dal grafico posso ricavare subito le quattro entalpie.

Nei problemi pratici l’unica cosa che possiamo fare è la ricerca di una soluzione grafica direttamente sul diagramma.

 

Grafico p-h dell’Ammoniaca:

 

 

 

 

 

 

 

Questo grafico rappresenta il comportamento dell’Ammoniaca. Dal grafico si possono ricavare le varie informazioni e i valori di entalpia corrispondenti a determinate pressioni e temperature.

 

 

 

 

 

 

 

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Grafico p-h del Freon R12:

 

 

 

 

 

 

 

Nel grafico possiamo osservare il comportamento del Freon R12 e possiamo anche ricavare i valori dell’entalpia corrispondente a una certa pressione e temperatura.

 

Il frigorifero:

 

Mentre in un motore la trasformazione ciclica è percorsa in senso orario, in un frigorifero è percorsa in senso antiorario. In un comune frigorifero, per esempio, la sorgente a bassa temperatura è costituita dagli scomparti del frigorifero stesso, mentre quella ad alta temperatura è l’ambiente esterno. Il lavoro è fornito dall’energia elettrica.

Un frigorifero è fatto in sostanza da un ambiente chiuso che deve essere raffreddato e da un sottilissimo tubicino collegato a un compressore alimentato dall’energia elettrica. Il tubicino, dentro il quale circola un vapore, passa dall’interno all’esterno dell’ambiente da raffreddare.

Il compressore, costituito da un pistone che si muove dentro un cilindro, comprime il vapore fino a farlo liquefare. Poiché il passaggio dallo stato di vapore allo stato liquido avviene

 

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Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

con sviluppo di calore, il serpentino di sinistra si riscalda e cede calore all’ambiente.

Quando la valvola E si apre, il liquido passa nel serpentino di destra che si trova all’interno della zona da raffreddare. Non essendo più compresso, il liquido passa di nuovo allo stato di vapore assorbendo calore dall’ambiente. Il vapore viene poi compresso di nuovo e il ciclo riprende dall’inizio. I continui passaggi di stato (da liquido a vapore e viceversa) consentono di prelevare il calore dall’interno del frigorifero e di riversarlo all’esterno.

La sostanza usata nel frigorifero deve essere tale da richiedere anche a temperatura ordinaria pressioni relativamente basse per passare dallo stato di vapore allo stato liquido. Il Freon, per esempio, liquefa a 20°C se compresso a 5,6 atmosfere.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella figura qui sopra è rappresentato uno schema di funzionamento di un frigorifero. Il compressore (alimentato dall’energia elettrica) comprime il vapore fino a farlo liquefare nel condensatore, che è all’esterno del frigorifero. Durante questo processo si sviluppa calore, che si riversa nell’ambiente. Successivamente il liquido passa nell’evaporatore all’interno del frigorifero, dove assorbe calore e ritorna allo stato gassoso.

 

I frigoriferi a pozzo: nonostante siano aperti, i frigoriferi a pozzo che si trovano nei supermercati non hanno bisogno di una grande quantità di energia per funzionare. Ciò è dovuto al fatto che l’aria fredda ha una densità maggiore di quella calda e tende quindi a stare in basso all’interno del frigorifero. Questo invece non accade nei frigoriferi verticali, dai quali, una volta aperti, l’aria fredda sfugge a causa dei moti convettivi.

 

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La pompa di calore:

 

Di solito per riscaldare gli ambienti si sfrutta la combustione di idrocarburi, come gasolio o metano, con conseguente emissione di biossido di carbonio e altri gas, anche nocivi.

Da diversi anni, per rendere più economico il riscaldamento degli edifici si sono studiate, oltre a migliori tecniche di isolamento termico, anche soluzioni più efficaci per le macchine termiche sfruttate per il riscaldamento. Sono così tornate di attualità le osservazioni effettuate nel 1852 dal fisico inglese William Thompson (poi nominato Lord Kelvin per meriti scientifici), il primo a descrivere il ciclo termico della pompa di calore e a intuirne le potenzialità economiche. La sua idea consiste nel riscaldare l’aria interna all’edificio (che ha una temperatura più elevata) mediante il raffreddamento dell’aria esterna (che ha una temperatura inferiore).

Il nome “pompa di calore” è collegato all’idea di cedere calore a una temperatura più elevata di quella alla quale è stato prelevato. Nel suo funzionamento essa si comporta come le macchine frigorifere, con il compressore posto nei locali interni e la serpentina dell’evaporatore posta all’esterno. Il vantaggio del suo uso, rispetto a un sistema di riscaldamento tradizionale, consiste nel seguente fatto:

alla sorgente calda (la stanza) giunge una quantità di calore il cui valore assoluto è

çQ2 ç= Q1 + L

dove Q1 è il calore (questa volta positivo) che la pompa riceve dalla sorgente fredda e L è il lavoro esterno (positivo) compiuto dal motore, tipicamente elettrico, contenuto nella pompa.

Se avessimo fornito la stessa quantità di energia L mediante combustibili o l’uso di energia elettrica, la stanza avrebbe ricevuto una quantità di calore

Q = L < çQ2 ç.

Quindi l’uso della pompa di calore implica un vantaggio.

La pompa di calore risulta più adatta per i climi temperati nei quali è minore lo sbalzo di temperatura fra interno ed esterno, mentre nei climi più rigidi è utilizzata spesso in combinazione con i sistemi tradizionali, che forniscono il surplus di energia richiesto nei giorni più freddi.

Inoltre, in una pompa di calore è possibile invertire la direzione del funzionamento. In questo modo si obbliga il fluido a scorrere nella direzione opposta rispetto all’inverno. Così il calore è assorbito dall’ambiente freddo, che è la casa che si vuole raffreddare, ed è ceduto all’ambiente caldo, cioè l’esterno. Quindi la pompa di calore funziona anche come condizionatore.

L’economicità e la compatibilità ambientale del sistema sono notevoli a parità di prestazioni, anche tenendo conto delle dispersioni di energia nella centrale e nelle linee elettriche. Una pompa di calore fa risparmiare combustibile rispetto a un modello tradizionale per riscaldamento; quindi, riduce della stessa percentuale le emissioni nocive nell’atmosfera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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MISCELE DI ARIA E VAPORE D’ACQUA:

 

Analizziamo ora le proprietà delle miscele di aria e acqua.

Consideriamo l’aria come un solo componente, perché la composizione dell’aria è assunta costante. In essa è presente anche una certa quantità di vapore d’acqua. L’acqua infatti può essere in parte liquida ed in parte sotto forma di vapore.

La fase gassosa della miscela è considerata una miscela di due gas ideali: aria e vapore acqueo; infatti il vapore presenta una pressione parziale molto piccola, così che è lecito trascurare il comportamento da vapore surriscaldato. La composizione della fase gassosa può variare, per effetto di evaporazione o condensazione di acqua. Quindi la massa di aria secca è considerata costante (perché l’aria non si crea né si distrugge a parte casi rari: ad esempio reazioni chimiche) mentre la massa di vapore cambia facilmente. Questo fatto spiega perché le grandezze specifiche non vengono riferite all’unità di massa della miscela, ma all’unità di massa dell’aria secca (si mantiene questa condizione anche per compatibilità con il passato e per comodità).

Tutte le applicazioni si basano sull’assunto che sia l’aria che il vapore non si influenzino reciprocamente. Questa ipotesi è quella espressa da Dalton. Essa si può considerare esatta nelle emissioni di gas perfetti.

 

Saturazione dell’aria:

 

Consideriamo il seguente esperimento: in presenza di aria inizialmente secca, poniamo su una bilancia un recipiente contenente acqua mantenendo pressione P e temperatura T costanti.

 

 

Dopo un certo periodo di tempo il livello di acqua nel contenitore sarà calato, cioè una certa massa di acqua allo stato liquido (L) sarà evaporata. Il livello di acqua nel contenitore continuerà a calare sempre più lentamente fino a rimanere costante. Perciò la bilancia misurerà una diminuzione della massa di acqua nel recipiente.

Questa esperienza mostra che se si mettono a contatto aria e acqua allo stato liquido, a

 

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temperatura e pressione costanti, l’acqua evapora fino a che la pressione parziale del vapore saturo eguaglia la pressione di saturazione dell’acqua alla temperatura T alla quale si opera.

In altri termini la presenza d’acqua non influisce sulla quantità di acqua che evapora, ma soltanto sulla velocità del processo.

Quando l’acqua non evapora più si parla dunque di saturazione. Definiamo anche una pressione di saturazione, PVS. Si osserva infatti che a ogni valore della temperatura ne corrisponde uno della pressione, come si può notare nella seguente tabella.

 

Temperatura dell’aria

T

Pressione di vapore dell’aria satura

Ps

Titolo di saturazione

X

°C

    mmHg                             KPa

gv/Kga

-25

      0,47                               0,06

0,38

-20

     0,756                             0,102

0,63

-19

     0,848                             0,113

0,7

-18

     0,938                             0,125

0,77

-17

     1,028                             0,137

0,85

-16

     1,125                             0,150

0,93

-15

     1,238                             0,165

1,01

-14

         1,358                             0,181

1,11

-13

     1,485                             0,198

1,22

-12

     1,628                             0,217

1,34

-11

     1,778                             0,237

1,46

-10

     1,943                             0,259

1,6

-9

     2,123                             0,283

1,75

-8

     2,318                             0,309

1,91

-7

     2,520                             0,336

2,08

-6

     2,753                             0,367

2,27

-5

      3,01                              0,400

2,49

-4

     3,270                             0,436

2,69

-3

     3,563                             0,475

2,94

-2

     3,870                             0,516

3,19

-1

     4,208                             0,561

3,47

0

     4,568                             0,609

3,78

1

     4,920                             0,656

4,07

2

     5,280                             0,704

4,37

3

     5,678                             0,757

4,7

4

     6,083                             0,811

5,03

5

     6,526                             0,870

5,4

6

     6,991                             0,932

5,79

7

     7,493                             0,999

6,21

8

     8,026                             1,070

6,65

9

     8,596                             1,146

7,13

10

     9,188                             1,225

7,63

11

     9,818                             1,309

8,15

 

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Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

 

Temperatura dell’aria

T

   Pressione di vapore dell’aria satura

Ps

    Titolo di saturazione

X

°C

     mmHg                                 KPa 

gv/Kga

12

     10,493                                1,399

8,75

13

     11,206                                1,595

9,35

14

     11,963                                1,595

9,97

15

     12,759                                1,701

10,6

16

     13,599                                1,813

11,4

17

     14,491                                1,932

12,2

18

     15,444                                2,059

12,9

19

     16,441                                2,192

13,8

20

     17,484                                2,331

14,7

21

     18,602                                2,480

15,6

22

     19,779                                2,637

16,6

23

     21,017                                2,802

17,7

24

     22,300                                2,977

18,8

25

     23,702                                3,160

20

26

     25,150                                3,353

21,4

27

     26,672                                3,556

22,6

28

     28,285                                3,771

24

29

     29,965                                3,995

25,6

30

     31,784                                4,232

27,2

31

     33,618                                4,482

28,8

32

     35,575                                4,746

30,6

33

     37,638                                5,018

32,5

34

     39,806                                5,307

34,4

35

     42,078                                5,610

36,6

36

     44,449                                5,926

38,8

37

     46,954                                6,260

41,1

38

     49,572                                6,609

43,5

39

     51,317                                6,975

46

40

     55,198                                7,358

48,8

41

     58,197                                7,759

51,7

42

     61,355                                8,180

54,8

43

     64,640                                8,618

58

44

     68,098                                9,079       

61,3

45

     71,706                                9,560

65

46

     75,464                               10,061

68,9

47

     79,409                               10,587

72,8

48

     83,504                               11,133

77

49

     87,810                               11,707

81,5

 

 

 

-17-

Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

 

Temperatura dell’aria

T

   Pressione di vapore dell’aria satura

Ps

    Titolo di saturazione

X

°C

    mmHg                                 KPa      

gv/Kga

50

    92,288                               12,304

86,2

55

   117,715                              15,094

114

60

   149,037                              19,870

152

65

   187,050                              24,938  

204

70

   233,134                              31,082 

276

75

   288,398                              38,450

382

80

   354,239                              47,228

545

85

   432,553                              57,669

828

90

   524,525                              69,931

1400

95

   625,618                              83,409

3120

100

   759,812                             101,300

-

 

Questa tabella elenca alcuni parametri termodinamici della miscela termodinamica per

j = 1 e P = 1,013 bar

 

La quantità di acqua che evapora non dipende dalla quantità d’aria, ma è sempre la stessa.

Normalmente nelle abitazioni non è presente tutta la quantità di vapore che può possibilmente essere contenuta, ma in minor quantità. In altri termini:

Mv < Mvs

Dove Mv rappresenta la massa di vapore presente nell’ambiente e Mvs rappresenta la massa del vapore di saturazione.

 

L’umidità relativa e il grado igrometrico:

 

Dalle precedenti considerazioni possiamo ricavare le seguenti formule:

 

UR = Mv / Mvs = PV / PS

 

Dove UR è definita umidità relativa ed è uguale sia al rapporto tra la massa di vapore presente nell’ambiente e la massa di vapore di saturazione che al rapporto tra la pressione del vapore presente nell’ambiente e la pressione del vapore di saturazione.

La proporzionalità tra le masse e tra le pressioni, e quindi l’esattezza di questa formula, è assicurata dalla legge di Dalton.

Nel linguaggio corrente queste due frazioni sono chiamate in modo diverso:

 

Mv / Mvs = UMIDITà RELATIVA

 

che viene calcolata in percentuale: ad esempio UR = 40%

 

Pv / Pvs = j

 

 

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Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

dove j è chiamato GRADO IGROMETRICO e ad esempio è indicato così: j = 0,40, numero compreso tra 0 e 1.

 

In realtà questi due termini indicano la stessa cosa, cioè mi danno la misura immediata di quanto l’aria sia effettivamente prossima alla saturazione.

 

Il confort termoigrometrico:

 

Come obbiettivi per la qualità ambientale di un ambiente dobbiamo considerare anche obiettivi termoigrometrici. Dobbiamo cioè decidere determinati valori di temperatura e di umidità relativa. Decideremo quindi una Tp e una URp, dove Tp è la temperatura di progetto e URp è l’umidità relativa di progetto. Queste due grandezze sono interdipendenti. Esistono linee dette di isoconfort che associano temperature e umidità relative differenti. Questo perché si può avere la stessa condizione di confort con umidità relative più basse e temperature più alte o umidità relative più alte e temperature più basse. A seconda della temperatura e dell’umidità relativa i locali sono destinati a un uso diverso.

 

 

 

Due parametri che influiscono la scelta sono:

 

1) MET: unità metabolica. 1 met è il metabolismo normale di una persona seduta a leggere,

    cioè il metabolismo di base. è perciò l’unità metabolica base (corrisponde a 200 W).

2) CLO: è l’unità standard. 1 clo è la resistenza termica tipica di una persona vestita “normalmente” (pantaloni, giacca, cravatta, camicia con manica lunga). è stata sviluppata come scienza per avere il confort sul posto di lavoro, perché si è dimostrato che se è garantito cresce il rendimento degli impiegati.

Salvo in alcuni casi se si dà un lieve disconfort si crea un miglioramento di rendimento (Ad esempio un camionista se è in un ambiente più fresco resta più sveglio. Questa è però un’eccezione alla regola).

Gli architetti, da progettisti, devono dare il maggior confort possibile.

Le linee di confort rappresentate nel grafico rimangono inscritte in un intervallo.

 

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Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

Il titolo X:

 

La definizioni di umidità relativa correla molto bene con la nostra sensazione, ma male con il calcolo tecnico. Dal punto di vista tecnico si adopera una grandezza per quantificare l’umidità dell’aria. Essa è il titolo X, definito così:

 

X = MV / MA

 

dove MV è la massa di vapore presente nell’aria e MA è la massa di aria secca. Se non c’è aria secca X è +¥.

X indica quanto vapore c’è nella miscela. Questa grandezza non va confusa con il titolo di vapore saturo. Questo titolo X è il rapporto tra pesi di sostanze chimiche diverse, non si tratta di un numero puro. Quindi non va confuso con il titolo di vapore saturo che invece è un numero puro. Inoltre questo titolo X non è confinato ad essere minore di 1, mentre ricordiamo che per il titolo di vapore saturo vale Xvapore saturo < 1.

 

Relazione tra il titolo X e il grado igrometrico j:

 

Il vapore d’acqua qui non è saturo, ma talmente surriscaldato da poter essere considerato un gas perfetto.

 

X = MV / MA

 

Per le ipotesi precedentemente fatte, è lecito considerare aria e vapore acqueo come due gas ideali. Quindi possiamo scrivere l’equazione di stato dei gas perfetti separatamente prima per l’aria e poi per il vapore acqueo:

 

PA V = MA RA T  per l’aria

 

                   PV V = MV RV T  per il vapore d’acqua

 

MV = (PV V) / (RV T)             e                MA = (PA V) / (RA T)

 

Quindi:

 

MA / MV = (PV / PA) (RA / RV)

 

perché V e T sono le stesse e si elidono.

 

R = R0 / u

 

dove u è la massa molare del gas. Quindi:

 

RA / RV = (R0 / 29) (18 / R0) = 0,622

 

perché la massa molare dell’aria è 29 e la massa molare del vapore d’acqua è 18.

 

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Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

Quindi:

 

X = 0,622 (PV / PA)

 

Il titolo è legato a un rapporto di pressioni e non più di masse. Questa relazione ci permette di calcolare il titolo a partire dalle pressioni parziali di vapore e di aria secca.

Dalla definizione di grado igrometrico si ricava:

 

PV = j PVS

 

Sapendo che

 

PV + PA = PTOT

 

dove PTOT di solito è chiamata la pressione atmosferica, ricaviamo:

 

 PA = PTOT - PV

 

e quindi:

 

X = 0,622 (j PVS) / (PTOT - j PVS)

 

Questa formula consente di passare dal titolo al grado igrometrico e viceversa. Questa è un’equazione algebrica di I grado, dove:

 

X PTOT – X j PVS = 0,622 j PVS

 

j PVS (0,622 + X) = X PTOT

 

e perciò :

 

 

j = (X PTOT) / PVS (0,622 + X)

 

Questa equazione consente di ricavare il grado igrometrico conoscendo il titolo.

Per calcolare il grado igrometrico j devo conoscere la pressione di saturazione PVS che dipende dalla temperatura. Essa la trovo sulle tabelle.

 

Gli aspetti energetici:

 

Le miscele di aria e vapore contengono energia. Posso perciò calcolare l’entalpia, cioè l’energia intrappolata in una certa quantità di miscela.

La massa di vapore di acqua può cambiare a seconda della quantità di vapore che condensa o evapora: non è perciò utile riferirsi all’unità di massa della miscela. Bisogna riferirsi all’unità di massa di aria secca, come facciamo anche per il titolo. Così anche per calcolare l’entalpia specifica ci riferiamo alla quantità di massa di aria secca presente nella miscela.

 

-21-

Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

Possiamo perciò definire l’entalpia specifica come segue:

 

J = H / MA

 

dove H è l’entalpia totale e MA è la massa di aria secca. Il vantaggio è che MA non varia.

Si ha perciò:

 

J = hA + hV (MV / MA)

 

cioè:

 

J = H / MA = hA + X  hV

 

dove hA è l’entalpia dell’aria secca, hV è l’entalpia del vapore e X è il titolo.

 

 

hA = CP t

 

dove t è una temperatura espressa in gradi centigradi e il calore specifico dell’aria è:

 

CPA = 1 KJ / Kg

 

Questo dipende dal fatto che poniamo h = 0 per t = 0.

 

 

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Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

r0 è il calore latente di vaporizzazione a 0°C.

Possiamo perciò scrivere:

 

J = CPA t + X (r0 + CPV t)

 

Sapendo che:

 

1)      l’entalpia del liquido nel punto A è uguale a 0;

 

2)      il calore specifico dell’aria è:

 

CPA = 1 KJ / Kg

 

3)      r0 = 2500 KJ / Kg

 

dove r0 , calore latente di vaporizzazione dell’acqua a 0°C, può essere ricavato dalle tabelle delle proprietà termodinamiche dell’acqua e del vapore saturo e corrisponde alla variazione di entalpia tra A e B;

 

4)      il calore specifico del vapore acqueo può essere assunto circa costante per temperature basse come quella ambientale:

 

CPV @ 1,9 KJ / Kg

 

Si ottiene:

 

J = 1 t + X (2500 + 1,9 t)

 

che risulta essere il bilancio dell’energia del sistema.

 

Il diagramma psicrometrico:

 

 Sul diagramma psicrometrico è possibile individuare gli stati di equilibrio delle miscele di aria e vapore d’acqua (che possono interessare anche il dimensionamento di condizionatori e impianti per il trattamento dell’aria).

Su tale diagramma, come si può osservare a pagina 25, sono indicati tre assi:

 

1)                asse X, verticale, posto sul margine destro, sul quale si possono leggere i valori del titolo della miscela in gv / Kga;

 

2)                asse T, orizzontale, sul quale si possono leggere le temperature di bulbo asciutto espresse in °C;

 

3)                asse J, posto diagonalmente sul margine sinistro, sul quale si possono leggere i valori dell’entalpia specifica in Kcal / Kgaria secca.

 

 

-23-

 

Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

Sul diagramma sono tracciate diverse curve; vediamo quali sono:

 

-         rette verticali: sono rette a temperatura costante;

 

-         rette orizzontali: sono rette a titolo costante;

 

-         rette perpendicolari all’asse J: sono rette a entalpia specifica costante;

 

-         la curva che delimita superiormente il diagramma è detta curva di saturazione e rappresenta punti aventi grado idrometrico pari a 1 (j = 1) e quindi stati di equilibrio di miscela satura. Al di sopra di questa curva non esistono stati fisici reali. Le curve dello stesso tipo tracciate sul diagramma sono curve a grado igrometrico costante (il valore del grado igrometrico j è indicato a fianco, in questo caso è indicato il valore in percentuale dell’umidità relativa);

 

-         le altre rette inclinate indicano, come indicato nel diagramma a pagina 25, due cose diverse:

 

a)      Le prime sono rette a volume specifico costante. Il valore del volume v è indicato a      fianco della retta in m3 / Kg;

 

b)      Le altre sono rette di raffreddamento adiabatico, aventi J debolmente crescente all’aumentare di X. Sulle linee di raffreddamento adiabatico sono scritti i valori di temperatura corrispondenti all’intersezione di queste rette con la curva di saturazione. Tali valori sono detti “temperatura di bulbo umido”, perché ciascuno di essi coincide con il valore di temperatura, in °C, segnato da un termometro con il bulbo avvolto in una garza bagnata, lambito da una corrente di aria umida che si trova in uno stato qualsiasi della curva di raffreddamento adiabatico in esame.

 

Sappiamo che tre proprietà intensive individuano lo stato fisico della miscela, ma su questo diagramma un punto ha solo due coordinate. Questo deriva dal fatto che la pressione totale è fissata a circa 1 bar (nel diagramma a pag. 25 è di 760 mmHg) e quindi è fissata la terza proprietà intensiva. La pressione considerata è di circa 1 bar per il fatto che solitamente la miscela d’aria e vapore d’acqua studiata è a pressione atmosferica. Se la pressione della miscela cambia, però, questo diagramma non va più bene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Lezione del 06/12/01 – ora: 14:30-16:30

 

 

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